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domenica 30 dicembre 2018

Dinamica Mentale - Mirella M.P. Grillo

2.1. Test: come vivete? Nel passato, nel presente o nel futuro?
Il tempo ha una durata soggettiva, anche se ci si illude che la sua misura sia quella stabilita dagli orologi … Per cui può andare troppo piano per chi non riesce a staccarsi dal passato o correre all'impazzata per chi ha fretta di raggiungere il proprio obiettivo.
La variabile che consente di dominarlo è una e soltanto una: essere capaci di vivere. Sapete godere del presente, cioè delle piccole soddisfazioni della vita? Oppure pensate solo ed esclusivamente al futuro? Oppure ancora vi guardate troppo indietro? Scopritelo con questo test (fate un segno di spunta sulla risposta interessata).

1. Quali tra queste celebri frasi preferite?
a) “Il vantaggio della cattiva memoria è che si gode parecchie volte delle stesse cose per la prima volta” (Nietzsche)
b) “Il ricordo è solo il paradiso da cui non possiamo venir cacciati” (Paul)
c) “Quelli che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripeterlo” (Santayana)

2. Vi fidate di più:
a) Degli affetti
b) Delle sensazioni
c) Di uno scritto

3. Per i vostri spostamenti usufruite quotidianamente dei mezzi pubblici che prendete sempre all'ultimo momento. Un giorno, in cui avete un appuntamento importante, perdete l’autobus. Voi:
a) Pensate di telefonare per spostare l’appuntamento
b) Pensate che prima o poi vi sarebbe accaduto
c) Tornate a casa e prendete la macchina o chiamate un taxi

4. Avreste potuto:
a) Essere più lungimiranti
b) Approfittare della situazione
c) Essere più attento/a

5. Una mattina vi svegliate e vi rendete conto di aver perso completamente la memoria. Voi:
a) Recitereste la parte come un attore
b) Vi sentireste completamente disorientati
c) Ne approfittereste per essere più vezzeggiati e coccolati

6. Per voi un bel ricordo è:
a) Qualcosa che appartiene alla vostra vita passata
b) Qualcosa che avete avuto la fortuna di avere
c) Qualcosa che vi dà la carica

7. Vorreste:
a) Avere qualcosa che non vi appartiene
b) Avere qualcosa che potreste ottenere
c) Avere qualcosa che non potete più avere

8. Una persona dovrebbe vivere:
a) Secondo l’età che sente di avere
b) Secondo l’età che dimostra
c) Secondo l’età che gli viene attribuita

9. Volete sapere che ore sono per:
a) Essere sempre puntuale
b) Sapere cosa potete fare ancora
c) Conoscere l’ora

10. Quali tra queste frasi celebri preferite?
a) “L’arte di trascorrere il tempo è l’arte di non inseguirlo” (Longanesi)
b) “C’è un solo modo di dimenticare il tempo: impiegarlo” (Baudelaire)
c) “È il più saggio di tutti i consiglieri: il Tempo” (Pericle)

Risultato
Controllate i punti di ogni risposta e sommateli. Poi leggete il vostro profilo.
Domanda                risposta A             risposta B            risposta C
n. 1                                6                                2                           4
n. 2                                2                               4                           6
n. 3                                6                               2                           4
n. 4                                2                               6                           4
n. 5                                4                               2                           6
n. 6                                6                               4                           2
n. 7                                2                               6                           4
n. 8                                6                               4                           2
n. 9                                2                               6                           4
n. 10                              4                               6                           2

Da 20 a 32 punti: vivete nel passato. Non sapete archiviare i ricordi e siete fermamente convinti che solo la puntuale, sistematica revisione delle vostre esperienze passate vi consenta di affrontare il presente. Camminare guardando indietro può essere anche pericoloso. Rischiate di non vedere né calibrare gli ostacoli che incontrate ogni giorno. Come chiunque avete fatto degli errori nella vostra vita, ma questo affannoso bisogno di controllare tutto, attraverso la memoria retroattiva, vi toglie serenità e libertà. Perché non provate a guardare davanti a coi con più fiducia e anche con un pizzico di speranza?

Da 33 a 46 punti: vivete nel presente. Credevate che la vostra lentezza fosse un difetto? Siate fieri di voi e della miracolosa intuizione che gli errori non si correggono “dopo” ma strada facendo. Voi sapete prendere la vita come viene, assaporandola attimo per attimo, senza rimpianti per il passato né ansiose aspettative per il futuro. Forse potreste rendere un po' nervoso chi vive perennemente in corsa, ma andare controcorrente ha un vantaggio: rende più forti e molto più consapevoli.

Da 47 a 60 punti: vivete nel futuro. Pronti ad afferrare tutto ciò che la vita vi offre, avete la “memoria corta” e quindi nessun passato da difendere. Ma forse neanche un presente da vivere, siete già proiettati a pensare a quello che farete dopo. Fermatevi, godete della vostra presenza, anche solo parlarvi di persona è un’impresa eroica per chi vi sta intorno. Il vostro tempo, infatti, lo allungate come un elastico, riempiendolo all'inverosimile di impegni e promesse. Il risultato? Fate troppo e siete costantemente distratti e in ritardo. Forse è un modo per fuggire da qualcosa.


Fonte: Dinamica Mentale di Mirella M.P. Grillo


mercoledì 28 novembre 2018

RQI – Il segreto dell’auto-star-bene

QUANDO LE DUE MENTI SI FRAINTENDONO
Abbiamo visto che l’inconscio reagisce per riflesso a ciò che ha appreso della mente conscia.
Ma cosa succede se la mente conscia, nel momento in cui elabora per la prima volta uno stimolo ambientale, lo interpreta in modo sbagliato e, di conseguenza, fornisce un’informazione errata alla mente inconscia? E ancor: cosa succede se la mente inconscia confonde due stimoli diversi tra loro, ritenendoli uguali, poiché entrambi presentano qualcosa in comune, pur essendo in realtà due situazioni totalmente differenti?
Succede che la mente inconscia attua una risposta riflessa non appropriata.

È quello che può capitare emotivamente a molte persone nel momento in cui affrontano situazioni di vita che hanno tratti in comune con un loro recedente vissuto.

Anche il cancro è un esempio di errore informazione secondo il dottor Ryke Geerd Hamer, oncologo tedesco esponente della medicina germanica moderna, qualsiasi tumore è un conflitto tra il “bambino” (mente inconscia) e la “madre” (mente conscia). Questo conflitto si origina nel momento in cui le due menti non riescono a comunicare in modo corretto tra loro. Ecco allora che il conflitto psichico genera una risposta inappropriata che si ripercuote anche a livello fisico.
Che i traumi di origine psicologica si possano manifestare in malattie “visibili” è qualcosa che la medicina cinese ci ha tramandato da tempo. Secondo l’antica tradizione orientale, infatti, ogni disturbo fisico è espressione di un’interferenza emotiva. Questo è palese nel momento in cui adottiamo un approccio olistico e guardiamo all’uomo come a un tutt’uno, dove materia e spirito non sono più separabili. Per lo stesso motivo, sempre secondo il dottor Hamer, la malattia ha una sua logica. Essa è la risposta appropriata del cervello a un’anomalia, a un trauma esterno (cioè il conflitto di cui parlavamo) e fa parte di un programma di sopravvivenza della specie. Risolto il trauma, il cervello inverte l’ordine e il corpo passa alla fase di riparazione.

Quanto la mente e il corpo siano strettamente collegati, ce lo ricorda anche il ricercatore Bruce Lipton. Il professore americano afferma che i pensieri, l’energia della mente, influenzano direttamente il modo in cui il cervello fisico controlla i processi fisiologici del corpo. L’energia del pensiero può attivare oppure inibire le proteine che attivano le funzioni della cellula attraverso i meccanismi dell’interferenza costruttiva o distruttiva.

E chi decide se l’interferenza è costruttiva o distruttiva? A questo punto, la risposta dovrebbe essere già chiara. Se è vero che gli stimoli di tipo chimico sono letti dalle proteine recettore della membrana cellulare, è altrettanto vero che le stesse proteine recettore devono sempre attuare una decodifica del segnale, e tale decodifica è dettata loro dalle informazioni depositate nella mente inconscia. La quale a sua volta si rifà alla mente conscia. Ed è qui che può nascondersi l’errore.

Infatti, già sappiamo che le nostre risposte agli stimoli ambientali sono controllate dalle nostre percezioni. Ma non tutte le percezioni sono esatte. Le percezioni che traggono origine dalla mente conscia sono soggette alla sua capacità di giudizio e forniscono una interpretazione soggettiva degli stimoli ricevuti. Le percezioni della mente conscia sono chiamate credenze. Le credenze leggono la realtà con gli occhi dell’osservatore e agiscono come il filtro di un obiettivo per una macchina fotografica: in base al nostro personale giudizio, esse cambiano il modo in cui vediamo il mondo. Di conseguenza, il nostro funzionamento biologico si adatta a quel modo di vedere, poiché da esso si attiva una specifica risposta che dipende dalla precedente interpretazione degli stimoli ambientali, siano essi chimici, energetici o emotivi.

Può sembrare sorprendente, ma le credenze fanno “memoria” in tutto il nostro corpo. Ed è proprio per questo che hanno conseguenza su tutta la nostra macchina biologica.
Come spiega il dottor Alexander Loyd, le memorie cellulari sono ricordi di esperienze che traggono origine dalle nostre credenze e che si legano alle molecole-segnale di ciascuna di ciascuna dei 75-100 trilioni di cellule di cui siamo composti, come se il nostro corpo fosse un diario su cui viene scritto, per ogni nuova esperienza, una nuova pagina. Una volta depositate, le memorie cellulari fanno capo alla mente inconscia (proprio perché sono memorie “a lungo termine”), la quale le riattiva al momento del bisogno, cioè quando essa percepisce uno stimolo simile a quello che le ha generate. L’inconscio possiede dei meccanismi di protezione di tali memorie, al fine della sopravvivenza. Per questo motivo, noi siamo consapevoli di meno del 10% dei nostri ricordi: tutto il resto lo custodiamo all’interno del nostro inconscio, e ci è difficile scoprirlo, finché non impariamo a comunicare con esso.


Fonte: RQI – Il segreto dell’auto-star-bene di Marco Fincati 

giovedì 1 novembre 2018

Politica della bellezza – James Hillman

La risposta estetica come azione politica
Una prefazione

Coniugare estetica e politica, o bellezza e città, può sembrare un’idea decisamente azzardata, ai giorni nostri, mentre era comune e fondamentale nella vita della Grecia antica. Despoti orientali e principi europei dilapidarono i loro patrimoni per far erigere monumenti di imperituro splendore, in gloria dei loro Dei – e naturalmente di loro stessi – ma anche per allietare la gente che governavano – e che tassavano. Una popolazione turbolenta veniva placata dalla bellezza: giardini d’acqua, palazzi d’estate, padiglioni stravaganti, cattedrali, mausolei, memoriali; cosa che ancora oggi continua, con i grandi viali e gli imponenti edifici delle nazioni repubblicane. Le opere estetiche guadagnavano al sistema politico l’orgoglio e il consenso della gente, e questo sia nella Mosca comunista che nella Pietroburgo zarista, sia nella Roma fascista che a Washington, con templi di marmo bianco per i suoi eroi secolari.
Questo modo di coniugare estetica e città lascia però la psiche insoddisfatta. L’estetica è ridotta a politica, mentre la bellezza serve uno scopo ulteriore: la manifestazione tangibile, concreta, della dottrina. La propaganda fissata nella pietra.
Io credo invece che la relazione fra estetica e politica sia più personale e psicologica. Sta nelle nostre reazioni nei confronti del mondo in cui viviamo. Ogni giorno il nostro senso del bello gira per il mondo, ci accompagna in macchina, nei negozi, in cucina. Nell’arco della giornata è un continuo, sottile rispondere esteticamente al mondo. Vediamo le sue immagini, sentiamo gli odori che ci trasmette, e impercettibilmente ci aggiustiamo al suo volto. Ed è in questi aggiustamenti, proprio perché subliminali, che oggi è nascosto “l’inconscio”. Siamo inconsci delle nostre risposte estetiche. E anche se il compito della terapia resta essenzialmente quello che è stato per tutto il ventesimo secolo, e cioè il tentativo di risvegliare la coscienza, è invece cambiato il focus di questa coscienza risvegliata. Adesso, diventare coscienti significa non soltanto diventare coscienti dei nostri sentimenti e dei nostri ricordi, ma soprattutto risvegliare le nostre risposte personali al bello e al brutto. Siamo diventati inconsci dell’impatto sul mondo, le nostre anime come murate nei suoi confronti. 

Se l’anima, come dice Platone, “è sempre un’Afrodite”, allora essa ha sempre a che fare con la bellezza, e le nostre risposte estetiche sono la prova dell’attiva partecipazione dell’anima al mondo. Il nostro senso del bello e del brutto ci porta fuori, nella polis, attivandoci politicamente. Il solo fatto di accorgerci di quello che ci sta intorno, e di rispondervi con un moto di istintivo disgusto o di desideroso trasporto, fa sì che veniamo coinvolti. La nostra psiche personale è sintonizzata con il presentarsi dell’anima del mondo. La risposta estetica è immediata, istintiva, animale, e precede nel tempo e nell’ontologia i gusti che rendono elaborata la risposta e i giudizi che la giustificano.
Ogni repressione di quella risposta non soltanto è deleteria per la nostra natura animale, ma è anche una ferita istintuale nociva al nostro benessere, come è nociva la repressione di qualunque altro istinto. Ma la risposta estetica negata, questo ignorare l’impulso estetico della psiche, è anche un arrogante insulto alla presenza del mondo. Passeggiare accanto a un edificio maldisegnato, vedersi servire del cibo preparato in modo sciatto e accettarlo, mettere sul proprio corpo una giacca tagliata e cucita male, per non parlare del non sentire gli uccelli, del non accorgersi del crepuscolo … tutto questo significa ignorare il mondo. Eppure, questo stato di ignoranza, questa an-estesia, è in larga misura la condizione umana attuale. Ed è sostenuta e favorita dalla nostra economia, dal nostro modo d’impiegare il tempo libero, dall’uso che facciamo della refrigerazione, dai nostri mezzi di comunicazione e di trasporto e, naturalmente, dai nostro modi di curarci.
Dal momento che questa anestesia, questo “ottundimento psichico” – come la chiama Robert J. Lifton, che ha studiato a fondo le catastrofi collettive – è così diffusa ai nostri giorni, ho il sospetto che favorisca la passività politica del cittadino euro-americano, e quindi aiuti i poteri dominanti a proseguire, senza impedimenti, sulla loro rotta rovinosa. Se noi cittadini non facciamo caso all’assalto del brutto, restiamo psichicamente ottusi, ma siamo ancora affidabilmente funzionali come lavoratori e come consumatori. Possiamo ancora affrettarci a lavorare, a comprare, a tornare a casa alla TV, quotidianamente, diligentemente, faticando come bestie – come cavalli da tiro con i paraocchi – nella convinzione errata che le nostre sofferenze personali abbiano la loro esclusiva origine nelle nostre relazioni personali. E le psicoterapie colludono con queste convinzioni errate, insistendo che la depressione e l’aggressività ce proviamo derivano dai rapporti umani del passato e non dalle inumane violenze che il nostro istinto estetico riceve nel presente. La terapia fallisce il suo scopo quando perde di vista l’importanza quotidiana che Afrodite riveste per l’anima.
Non riconoscendo la realtà dell’anima mundi e il riflesso che ha sulla nostra personale, prendiamo ogni sofferenza su di noi – mea culpa – e restiamo inconsapevoli della sofferenza dell’anima del mondo, di come siano torturate le sue strutture, di come essa sia esiliata in una nichilistica natura selvaggia, e di come aneli a tornare a una cosmologia che dia il primo posto alla sua bellezza.
Tutti sappiamo come impegnarci nell’azione politica: partecipa a campagne, a marce, protestare, resistere. Sappiamo il coraggio che l’azione richiede e il rischio che comporta, ma non sappiamo di avere anche altri mezzi di azione, mezzi che richiedono anch’essi coraggio: il coraggio del cuore di battersi per le sue percezioni. E se non ci battiamo, se non ci esprimiamo in favore del nostro senso estetico, quel velo funebre che è la conformità ottundente finirà per togliere ogni forza al nostro linguaggio, al nostro cibo, ai luoghi dove lavoriamo, alle strade delle nostre città.
Piccoli atti di protesta e di apprezzamento aprono delle brecce nella condizione di ottundimento. Ciascuno di noi può essere un eroe del cuore, perché questo tipo di risposta personale, per quanto semplice possa sembrare, va ancora più in profondità delle consuete proteste sui generi, sul razzismo, sull’ambientalismo. Qui non ci sono “ismi”, non c’è ideologia: siamo al servizio dell’inestinguibile desiderio di bellezza che ha l’anima. Non dobbiamo dimenticare che, nel racconto di Apuleio, Psiche era immaginata come il personaggio più bello di tutto il mito classico.
Sono fermamente convinto che se i cittadini si rendessero conto della loro fame di bellezza, ci sarebbe ribellione per le strade. Non è stata forse l’estetica, ad abbattere il Muro di Berlino e ad aprire la Cina? Non il consumismo e i gadget dell’Occidente, come ci viene raccontato, ma la musica, il colore, la moda, le scarpe, le stoffe, i film, il ballo, le parole delle canzoni, la forma delle automobili. La risposta estetica conduce all’azione politica, diventa azione politica, è azione politica.

Thompson, agosto 1999

Fonte: Politica della bellezza di James Hillman

domenica 30 settembre 2018

Il codice dell'anima - James Hillman

IL DESTINO
FATO E FATALISMO
“Ma se l’anima sceglie il proprio daimon e sceglie la propria vita, quale capacità di decisione ci rimane?” si chiede Plotino. Dov’è la nostra libertà? Tutto ciò che viviamo e chiamiamo nostro, tutte le nostre faticate decisioni devono essere, in verità, predeterminate. Siamo intrappolati dentro il velo dell’illusione, convinti di essere gli autori della nostra vita, quando invece la vita di ciascuno è già scritta nella ghianda e noi non facciamo altro che realizzare il piano segreto inciso nel cuore. La nostra libertà, si direbbe, consiste soltanto nello scegliere ciò che la ghianda si prefigge.
Per sgomberare il campo da questa erronea conclusione, chiariamo meglio la prerogativa del daimon, cerchiamo di essere più precisi circa l’ampiezza dei poteri della ghianda. Su che cosa agisce e quali sono i suoi limiti? E per “intenzione”, quando diciamo che si propone una particolare forma di vita, per esempio, il teatro, la matematica, la politica? Ha in mente un termine ultimo, magari addirittura un’immagine della cosa già realizzata e una data per la morte? Se è così potente da determinare fatalmente l’espulsione da scuola e le malattie infantili, che cosa intendiamo per “determinismo”? e, infine, se è la ghianda a trasmettere il senso che le cose non sarebbero potute essere altrimenti, che anche gli errori sono stati necessari, che cosa intendiamo per “necessità”?
Il fatalismo è l’altra faccia, la grande seduzione, dell’Io eroico, che in questa società del fai da te, dove l’asso piglia tutto, ha già un tale peso sulle proprie spalle. Più pesante è il carico, più forte è la tentazione di deporlo o di trasferirlo su un portatore più grosso e più forte, il Fato per esempio.

In questa definizione paranoide della vita – la vita come lotta, come competizione per la sopravvivenza, con l’altro come alleato o nemico -, il fatalismo offre una pausa di respiro. Sta scritto nelle stelle; c’è un disegno divino; quello che accade, accade per il meglio nel migliore dei modi possibili.
Il mondo non pesa più sulle mie spalle, perché in realtà lo porta il Fato e io sono in grembo agli dei, proprio come dice Platone nel suo mito. Io vivo il particolare destino che è uscito dal grembo di Necessità. Perciò non importa ciò che scelgo. Del resto, la mia non è vera scelta; l’idea di scelta è un’illusione. La vita è predeterminata.
Questo modo di ragionare è fatalismo, e non c’entra niente con il fato. Riflette un sistema di credenze, un’ideologia fatalista, non già le Moire, le Parche, che il mito platonico ci mostra mentre suggellano il destino di ciascuno e avviano il daimon verso la nostra nascita. Esse non predeterminano affatto i singoli eventi della vita, come se la vita fosse una loro costruzione.
L’idea che la grecità aveva del fato semmai è questa: gli eventi ci accadono, egli uomini “non possono capire perché una cosa è accaduta, ma, visto che è accaduta, evidentemente – doveva essere –”.
Per i greci, la causa di tali infausti eventi sarebbe il fato. Ma il fato causa soltanto gli eventi insoliti, che non rientrano nello schema. Non è che ogni singolo evento fatto sia chiaramente delineato in uno superiore disegno divino.
Meglio dunque immaginare il fato come una momentanea “variabile che si interpone”.

Il fatto di scorgere la mano del Destino in quegli eventi infausti ne eleva l’importanza e il senso, e consente una pausa di riflessone. Invece, il credere che l’avere venduto nel momento sbagliato e l’avere perso per un secondo decidono per te della tua vita: questo è fatalismo. Il fatalismo scarica tutto sul destino.
I bastoncini dell’I Ching ti diranno che cosa il Fato vuole che tu faccia. Questo è fatalismo.
Il cogliere la strizzatina d’occhio del fato è un atto di riflessione. È un atto del pensiero; mentre il fatalismo è uno stato del sentimento, un abbandonare la ponderazione, l’attenzione per i particolari, il ragionamento rigoroso. Anziché riflettere a fundo sulle cose, ci si abbandona all’umore più generico della fatalità.
Il fatalismo consola, perché non fa sorgere interrogativi.
Il termine greco per indicare il fato, moira, significa “parte assegnata, porzione”. Così come il fato ha solo una parte in ciò che succede, allo stesso modo il daimon, l’aspetto personale, interiorizzato della moira, occupa solo una porzione della nostra vita, la chiama a non la possiede.
La moira non è in mano mia, è vero, ma è solo una porzione. Non posso abbandonare le mie azioni, o le mie capacità e la loro realizzazione, nonché la loro frustrazione o fallimento, a loro, agli dei e dee, o al volere della ghianda daimonica. Il fato non mi solleva dalla responsabilità; anzi me ne richiede molta di più.

Non intendo l’affibbiare la colpa a una causa.
Quando i greci volevano analizzare un evento infausto e oscuro, andavano dall’oracolo per domandare a quale dio o dea dovessero offrire sacrifici in relazione al problema al progetto o all’affare in questione.

In base a questo modello, l’analisi cerca di scoprire quale Fato, o mano archetipica, chiede attenzione e commemorazione.


Fonte: Il codice dell'anima di James Hillman

mercoledì 29 agosto 2018

Sociologia generale, temi, concetti, strumenti

Potere e disuguaglianze globali
Nel 2010, con il boom del mercato azionario, per la prima volta la Apple ha superato la Microsoft, diventando l'azienda di alta tecnologia a più alta capitalizzazione di mercato del mondo (Helft e Vance, 2010). In Cina, però, gli operai che assemblano molti prodotti Apple, tra cui i diffusissimi iPhone e iPad, non hanno festeggiato di certo la buona notizia: nei primi cinque mesi dell'anno si suicidarono in dieci, per la maggior parte gettandosi dai balconi dei dormitori costruiti dall'azienda accanto alla megafabbrica di Shenzhen (BBC, 2010a; 2010b). Quegli operai erano alle dipendenze della taiwanese Foxconn Technologies, il più grande assemblatore del mondo di computer e dispositivi portatili, che lavora per Apple e per altre aziende dell'alta tecnologia. I dipendenti della Foxconn lavorano sei giorni alla settimana per una paga-base di 132 dollari al mese; l'impegno quotidiano va dieci a dodici ore, e lo straordinario è la norma; non possono parlare durante il turno e sono assoggettati a una disciplina militare, che ha fatto dire a uno di loro: "È come una prigione". Eppure, la Foxconn è considerata una delle migliori aziende per cui lavorare: in molte altre fabbriche cinesi, le condizioni di lavoro sono assai peggiori.
L’ondata di suicidi ha attirato un’imbarazzante copertura mediatica, finché le autorità cinesi non hanno imposto alla stampa di abbassare i toni. Quando i media occidentali hanno riportato la vicenda e le imprese che appaltano la produzione alla Foxconn hanno manifestato preoccupazione, l’azienda ha aumentato i salari del 20% per sollevare il morale delle maestranze e ha messo delle reti ai balconi dei dormitori per prevenire i tentativi di suicidio.
Dietro i brand di successo dell’elettronica di consumo e di altri settori che dominano l’economia globale di oggi si nascondono spesso casi analoghi di sfruttamento della manodopera. 

Consumo e identità
Probabilmente i vostri bisavoli avevano delle identità che riflettevano i luoghi in cui erano nati e dove avevano vissuto e lavorato, le loro credenze religiose e i forti legami che li univano a una determinata comunità.
La vostra identità, invece, è senza dubbio ancora in formazione, magari per effetto di diversi mutamenti: il cambiamento di scuole e di amicizie, l’andare a vivere da soli e la progettazione di un percorso di carriera mentre frequentate l’università. La natura della nostra identità riflette in gran parte la natura della nostra società.

Come scrisse il sociologo Paul Berger (1963), “Le società tradizionali assegnano identità definite e permanenti ai loro membri”.
“nella società moderna”, osserva Berger, “l’identità è incerta e in divenire”.
Poiché la famiglia di origine e il luogo di nascita non determinano più necessariamente il nostro futuro, lo sviluppo del nostro Sé non è automatico.

In una società ultra commercializzata, in cui quasi tutto è in vendita, ciò che acquistate e dove lo acquistate possono assumere una grande importanza nell’affermazione della vostra identità.
Il consumismo è un’enfasi sullo shopping e sul possesso di beni materiali come via d’accesso alla felicità personale. Attraverso il prodotto, i pubblicitari vendono un’identità, e gli individui, a laro volta, esprimono la propria identità attraverso le scelte che fanno nel proprio ruolo di consumatori (o con il rifiuto del consumismo). 
Nel suo libro dal titolo azzeccatissimo, The Conquest of Cool, lo storico della cultura Thomas Franck (1997) ha dimostrato che negli anni ’60 i pubblicitari sfruttarono la cultura popolare dell’epoca per promuovere il consumo come forma di autoespressione creativa. Svariati beni di consumo venivano presentati come oggetto di elezione da parte dei non-conformisti, dei ribelli e dei tipi “alla moda”, per esempio i furgono Volkswagen, le macchine fotografiche Polaroid e le moto suzuki. La pubblicità induceva i consumatori a rifiutare il conformismo – seguendo l’invito ad acquistare determinati prodotti. Il risultato, naturalmente, era la riproduzione di un nuovo conformismo: quello di tutti coloro che acquistavano i prodotti associati alla ribellione. Il fatto che le grandi imprese propongano il consumo di massa come mezzo di autoespressione e di ribellione individuale – per paradossale che possa apparire – emerge frequentemente nelle campagne pubblicitarie. Nel 2010, per esempio, quando venne lanciato il primo tablet, la Apple reclamizzò la “rivoluzione” dell’iPad; la campagna precedente, volta a promuovere i Macintosh, aveva come slogan Think Different (“Pensa differente”) e utilizzava l’immagine di grandi rivoluzionari come il Mahatma Gandhi, John Lennon e Martin Luter King jr.

Lontano anni luci dal concetto marxista secondo cui dovrebbero soddisfare dei bisogni elementari, i beni di consumo di oggi si incentrano spesso sull’immagine e sull’identità.

I brand che scegliamo sono carichi di un significato sociale che va ben oltre l’uso pratico del prodotto. Beni di prestigio (come le automobili, l’elettronica e i capi di abbigliamento) riflettono sempre più il nostro “prestigio” sociale (Baudrillard, 1988b).


Fonte: Sociologia generale - temi, concetti, strumenti di David Croteau e William Hoynes 




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domenica 29 luglio 2018

Battaglia per il presente – Henri Thomasson

Immerso ininterrottamente nel flusso dell’esistenza, modellato da ogni circostanza in cui si viene a trovare, succede che l’uomo veda rafforzarsi alcuni aspetti della sua manifestazione, instaurarsi determinate abitudini e formarsi atteggiamenti e opinioni che pretendono, spesso in buona fede, di esprimere al momento dato la sua tonalità. È così che in ogni circostanza egli dice “io” e s’immagina di essere interamente “se stesso” attraverso ciascuno dei personaggi cui man mano è identificato. E senza che egli se ne renda minimamente conto, tutti questi “io”, quasi sempre privi di rapporto tra loro, finiscono man mano per allontanarlo dalla propria “individualità”, cioè dal proprio “essere interiore”.

Come riconoscermi in questo amalgama di qualità, alcune delle quali mi appartengono in proprio e altre no? “Risalite alla vostra infanzia”, ci dice A., “e ritrovate il gusto suscitato in voi dalle impressioni di allora: ciò vi insegnerà molte cose sulla vostra essenza” …
Uno strano gusto, un gusto di cui un tempo ero saturo, e che oggi posso ritrovare solo giù nel profondo, dove a lungo è rimasto dimenticato, un gusto su cui oggi passa e ripassa l’ombra delle nostre azioni apprese, dei pregiudizi e delle immaginazioni invadenti …
Nonostante gli sforzi, mi riesce difficile distinguere la mia vera essenza, ma, in ogni movimento mentale o affettivo che sorge dentro di me, posso riconoscere senza ombra di dubbio i tratti della mia personalità.

PRIME ESPERIENZE
Cerco di sentirmi essere.
Dalla mia testa s’irradia un’energia capace di esercitare un potere su ciò che mi sta intorno e sul mio corpo, che essa percorre rendendo vivida la mia gioia ed esaltando la sensazione di vivere. Per poterla isolare, io concentro le forze su ciò che ne ritengo la fonte, e tra quel punto e il mio corpo si stabilisce una certa distanza. Per conoscere il mondo psichico che non ho ancora mai affrontato in tale modo, cerco di separalo dal corpo. Seduto a gambe accavallate, tento di essere soltanto quel “potere”: il corpo si allontana, non lo sento più; mi concentro ulteriormente: finirò per svenire? Dove sono? Il tentativo mi sembra pericoloso.
Lascio che le cose riprendano lentamente il loro posto.
Che cosa è successo? In quale momento è cessata la sensazione di essere? Sono le domande che ho fatto alla prima riunione seguita a questa esperienza.
“Il suo tentativo è completamente sbagliato. Al contrario, bisogna calmarsi, fare silenzio, ascoltare e raccogliere in sé tutta l’attenzione possibile. Bisogna decontrarsi al massimo: solo la decontrazione può aprire la strada che permette all’attenzione di attraversare la massa opaca dell’immaginazione e del corpo teso”.
Una decontrazione per svegliarmi? Il rilassamento muscolare non contribuisce piuttosto a preparare le condizioni del sonno?...
Ma di ben altro si tratta. Qui la decontrazione è una simultaneità di due sforzi essenzialmente molto diversi, il “rilassamento muscolare” e l’”attenzione”, con il corollario di un evento che testimonia la giustezza degli sforzi compiuti: la “sensazione di sé”.
Seduto a gambe accavallate, comincio a osservare me stesso, attento al silenzio che il pensiero immobile introduce di colpo nel mondo brulicante in cui mille preoccupazioni vorticano come falene intorno alla fiamma.
Il potere che irradia dallo stesso punto in cui sorge il pensiero, adesso lo chiamo “attenzione”. Diretta successivamente sulle varie parti del corpo, essa le percorre lentamente mentre io mi rilasso, cioè mentre sciolgo, prima in superficie e poi più profondamente, le tensioni che poco fa non sentivo nemmeno. All’interno di ogni livello muscolare se ne presenta un altro in cui l’attenzione cancella qualcosa. Sono perfettamente immobile, nulla si muove se non il respiro sempre più calmo e il cuore, il cui ritmo costante non subisce alcuna influenza da parte mia.
Mi sento aggredito da tutte le parti. Il corpo, inquieto, mendica un movimento, e ogni sua richiesta interrompe il flusso dell’attenzione; non solo, ma non appena si sviluppa insidiosamente la speranza di un risultato immediato, quel flusso addirittura svanisce, e nonostante uno sforzo tanto delicato quanto insistente, sopraggiungono alcuni pensieri a inaridirne di colpo la fonte.
L’unico modo per liberarmi dalle potenze che invadono solitamente il mondo dei pensieri e dei sentimenti è quello di ristabilire il contatto attenzione-corpo. I rendo conto che questa invasione rappresenta il mio stato abituale, cioè una condizione di sonno contrapposta allo stato di presenza a me stesso: presenza che posso sperimentare nella sua realtà solo quando cessa lo stato di sonno. La mia lotta consiste proprio nel ristabilire quel contatto, nonostante l’incessante attacco delle forze che cercano di riportarmi al livello ordinario.

Fonte: Battaglia per il presente di Henri Thomasson





martedì 27 marzo 2018

Le influenza celesti – Rodney Collin


I. L’ASSOLUTO

Immaginiamo una palla di ferro rovente che rappresenta l’unità. La sua composizione, peso, forma, temperatura e radiazione, costituiscono una cosa, un essere. Ma il suo effetto su tutto quello che la circonda si sviluppa secondo tre fattori:
  • essa li illumina e li riscalda in proporzione inversa al quadrato della sua distanza (radiazione)
  • li spinge in proporzione diretta alla sua massa (attrazione)
  • li influenza dopo un intervallo in proporzione diretta alla sua distanza (tempo)

Se la sua massa e la sua radiazione sono costanti, allora questo terzo fattore, sebbene presente, rimane invisibile ed incommensurabile.
Ma per tutti gli oggetti che sono in rapporti diversi con la palla radiante, l’effetto combinato di questi tre fattori sarà diverso e distinto. Così le variazioni nell’effetto dell’unità radiante, attraverso l’azione reciproca di questi tre fattori, diventano infinite.
Qui abbiamo collocato due cose: una unità radiante ed il suo ambiente. Immaginiamo ora una singola palla il cui polo sud sia arroventato ed il cui polo nord sia allo zero assoluto. Se supponiamo che questa palla o sfera sia fissa nella forma, quantità e massa, più grande è il calore del polo sud, più grande è la rarefazione della materia nelle sue vicinanze, e di conseguenza più grande è la condensazione della materia in vicinanza al polo freddo. Se il processo va avanti all’infinito, la radiazione e la massa si separano completamente, il polo sud si presenta come se fosse radiazione pura, ed il nord massa pura.
Ora, proprio all’interno della sfera stessa, questi tre fattori – radiazione, attrazione, tempo – creeranno un numero infinto di condizioni fisiche, un numero infinito di rapporti fra i poli. Le tre modificazioni dell’unità avranno creato infinite varietà.
Ogni punto della sfera riceverà una quantità precisa di radiazioni del polo sud, sentirà un preciso grado di attrazione dal polo nord, e sarà separato da entrambi i poli (sia nel ricevere gli impulsi che nel rifletterli) da periodi precisi di tempo. Questi tre fattori, insieme, formeranno una formula che fornirà una definizione perfetta di ogni particolare punto della sfera, e che indicherà esattamente la sua natura, le sue possibilità e le sue limitazioni.
Se chiamiamo cielo il polo sud, ed inferno il polo nord, abbiamo un’immagine che rappresenta l’Assoluto della religione. Ora, tuttavia, il nostro compito è quello di applicare questo concetto all’Assoluto dell’astrofisica, q quel quadro del Tutto che la scienza moderna sta tentando di vedere attraverso le smisurate distanze e le inimmaginabili durate che si aprono davanti a lei.
Dobbiamo immaginare che l’intera superficie della nostra sfera universale, con i suoi poli di radiazione e di attrazione, si cosparsa di galassie in crescita, e che l’intera superficie del Sole sia cosparsa di mulinelli di fuoco. Questa “crescita” delle galassie vuol dire espansione da un polo di assoluta unità di luce ad una infinita estensione di molteplicità e di distanza; poi una nuova contrazione verso un polo di assoluta unità della materia. Ma i poli di luce e di materia sono solo gli estremi opposti dello stesso asse. E tutta questa “crescita” è solo la superficie dell’universo nell’eternità”[1].
Questa sfera universale non è sottoposta né a misurazioni, né a logiche umane. I tentativi di misurarla in modi diversi si sono dimostrati delle assurdità, e deduzioni ugualmente plausibili su di essa conducono a conclusioni diametralmente opposte. E questo non è sorprendente se ricordiamo che è la sfera di ogni possibilità immaginabile e inimmaginabile.

Da un punto di vista tutte le galassie, tutti i mondi possono essere considerati come in continuo lento movimento dal polo della radiazione, all’equatore della massima espansione, per decrescere di nuovo al polo finale della massa.
Da un altro punto di vista, può essere la forza-vita, la consapevolezza dell’Assoluto stesso, che crea questo eterno pellegrinaggio. Inoltre, come conseguenza della nostra definizione dell’Assoluto, tutte le parti, le possibilità, i tempi e le condizioni di questa sfera universale devono esistere insieme, simultaneamente ed eternamente, sempre cambiando e sempre restando le stesse.
In una tale sfera tutti i concetti della fisica antica e moderna possono essere uniti.
L’intera sfera è quello spazio chiuso postulato per la prima volta da Riemann. La nuova idea di un universo in espansione, che raddoppia le sue dimensioni ogni 1300 milioni di anni, è una espressione del movimento dal polo della radiazione verso l’equatore della massima espansione.

Tutto quello che possiamo dire con certezza è che l’Assoluto è Uno, e che dentro questo Uno, tre forze, che si differenziano come radiazione, attrazione, tempo, tra di loro creano l’infinito.

Fonte: Le influenze celesti di Rodney Collin




https://www.macrolibrarsi.it/libri/__le-influenze-celesti.php?pn=2028


[1] Vedi “Cosmologia moderna” di George Gamow in Scientific American, marzo 1954

martedì 13 febbraio 2018

La terapia unificata di tutto - Maurizio Forza

Tutta la materia deriva dall’esplosione di quel nucleo iperdenso iniziale attraverso il Big Bang. Le leggi fisiche hanno imposto un progressivo rallentamento e raffreddamento delle alte energie inizialmente emesse da quella esplosione. Ciò ha permesso l’aggregarsi delle molecole che poi hanno interagito tra di loro. Questa iniziale formazione di particelle e poi molecole deriva, come abbiamo spiegato, dall’osservazione focalizzata ed intenzionale delle funzioni d’onda quantistiche che caratterizzavano i momenti antecedenti alla destabilizzazione di quel nucleo che se ne era rimasto tranquillo fuori dal tempo e dallo spazio e vai a sapere per quanti eoni. Il collasso della funzione d’onda, ossia il momento in cui un’onda di sola possibilità diventa qualcosa di reale e tangibile, parte dall’effetto osservatore quantistico. Questa entità, in pratica, mette in moto quei meccanismi che fanno sì che l’osservazione di come una cosa potrebbe essere lo diventi poi in realtà: essa impone una particolare configurazione dello spazio, del tempo e della materia attingendo da tutte le possibilità esistenti solo in teoria e che “vivono” in quello che viene definito lo spazio delle varianti. Questo è una sorta di ambiente virtuale dove ci sono le idee di come tutte le cose potrebbero essere, ma dove nessuna di esse è davvero ancora stata sperimentata per come, appunto avrebbe potuto essere.

… queste variabili osservate tra le tante, attraverso il rallentamento e raffreddamento dell’energia uscente dal primo momento dell’osservazione cominciano a scendere lungo le scale delle frequenze dell’energia stessa ed entrano nel reame tridimensionale nel quale siamo ora.

Siamo fatti ad immagine e somiglianza degli Dei.
Quindi se la materia per funzionare e, soprattutto, per restare aggregata ha bisogno di un’idea specifica secondo la quale strutturarsi, si spiega la necessità del dover avere delle strutture specifiche, dei canali preferenziali, dove queste idee retaggio dell’evoluzione, possano restare coerenti durante tutta la vita dell’essere vivente e della struttura materica.

Del resto avevamo già visto come già dalle prime fasi delle divisioni cellulari quello che succede è che la materia che si divide e si replica lo fa attraverso la coerenza informativa come sé stessa mantenuta da linee energetiche, di luce per quello che queste immagini ci consentono di capire.

Basterebbe smetterla di chiamarli Meridiani e cominciare a dar loro il nome che gli è proprio e che ne spiega per altro la loro funzione ma soprattutto la loro NECESSITÀ.

Sono linee di campo, linee di equivalenza elettromagnetica di coerenza frequenziale. Sono linee di pensiero strutturato specificatamente organizzate per permettere lo svolgimento delle funzioni per le quali la materia è pensata. Per come si è costruita, si deve mantenere automaticamente organizzata affinché tali funzioni possano essere svolte.

Sono veramente da considerare una necessità fisica di strutturazione di pensiero che, affinché resti costante e coerente nel corpo, devono fin dal principio della progettazione delle prime fasi, restare presenti e stabili.

Perché la materia resti aggregata in forma tangibile, i canali contenenti l’idea che la materia sta sperimentando, devono continuare a racchiuderla in forma energeticamente stabile e quindi elettricamente coerente a quella originaria.

Senza l’idea di base mantenuta stabile, la materia semplicemente si disgregherebbe. Sono una necessità, non un orpello spiritualistico per fanatici della new age orientale.

Pura coerenza fisica. Per come la materia si struttura qui sulla terra.

In buona sostanza sono il servo-sistema di base della scheda madre del nostro computer biologico. Secondo le idee in essa contenute (perché ricordiamo che le idee sono informazioni, quindi frequenze che devono propagarsi attraverso qualcosa), la materia si definisce e differenzia fin dai suoi primi movimenti di divisione. Questa configurazione continuerà fino al momento in cui si renderà conto di non servire più allo scopo originario, che era quello di verificare la fattibilità tridimensionale di un’idea esistente nello spazio delle varianti. E da lì il corpus di base dello scorso libro nel quale si è cercato di dimostrare come, per non dare più la necessità al corpo umano di dover morire, fosse sufficiente continuare a ricercare nuovi PARADIGMI DI SCOPERTA NON ANCORA SPERIMENTATI. Questo affinché la materia stessa dovesse ristrutturarsi sempre in forme nuove, non ancora sperimentate, e quindi vergini e nuove. Ecco nascere il concetto di staminali indifferenziate da differenziare a nostra precisa volontà.

Tutta la medicina tradizionale energetica pone una suddivisione nelle 24 ore di “picchi” di attività che definiscono 12 meridiani principali così suddivisi:
ore 3.00-5.00             POLMONE
ore 5.00-7.00             INTESTINO CRASSO
ore 7.00-9.00             STOMACO
ore 9.00-11.00           MILZA/PANCREAS
ore 11.00-13.00          CUORE
ore 13.00-15.00         INTESTINO TENUE
ore 15.00-17.00         VESCICA
ore 17.00-19.00         RENI
ore 19.00-21.00         MAESTRO DEL CUORE (GENITALI e PERICARDIO)
ore 21.00-23.00         TRIPLICE RISCALDATORE (TIROIDE e SURRENI)
ore 23.00-1.00           VESCICOLA BILIARE (CISTIFELLEA)
ore 1.00-3.00              FEGATO

MANTENERE IL FOCUS SULLA FISICA EVOLUTIVA
Schematizziamo per essere chiari:
  • Un osservatore collassa una funzione d’onda.
  • La funzione d’onda struttura la molecola in modo coerente.
  • Se l’osservazione (e quindi l’idea) viene mantenuta, allora le molecole si aggregano sempre di più tra di loro strutturandosi in modalità sistematizzata.

Ecco perché dopo 13,7 miliardi di anni di sperimentazioni delle leggi fisiche e quindi chimiche (e solo 4,4 miliardi per questa Terra) è rimasto indispensabile mantenere nel corpo una sorta di autostrada specifica per ciascuna delle idee già avute, già sperimentate e soprattutto già validate (dato che siamo ancora vivi).

Ecco quindi la necessità dei meridiani e quindi anche dei relè cerebrali, responsabili della comunicazione tra le idee frequenziali contenute nei canali stessi. E quindi anche delle parti anatomiche ad essi rispondenti.
Questo è il senso di quelle linee che abbiamo osservato nell’immagine della divisione cellulare al microscopio.

In buona sostanza i meridiani sono le linee di capo del corpo umano grazie alla quale la materia “corpo umano” si struttura per portare avanti il progetto di evoluzione iniziato con il Big Bang.

La nostra esistenza è un grande esperimento su scala intergalattica e divina di verifica dell’espressione delle idee sul piano dell’esperienza.
Ecco il vero libero arbitrio: poter decidere SE, e di COSA continuare a fare esperienza. E noi possiamo scegliere tra ciò che potrebbe essere se la creazione continuasse ad espandersi. La buona notizia è che, con o senza di noi, essa sta proprio continuando a farlo. Quindi il nostro set di possibilità è virtualmente infinito: di conseguenza, niente fine di possibilità di sperimentazione significa nessuna possibilità di morire davvero.
Nello specifico quindi, dopo la grande esplosione/implosione e di conseguenza dopo l’arrivo dei fulmini che hanno dato avvio alle reazioni molecolari dei composti organici del brodo di Oparin e, dopo la fecondazione della cellula uovo, le idee da esprimere sono state:

  • SONO SOLO
  • DEVO TROVARE QUALCOSA DA QUALCHE PARTE
  • LO PRENDO
  • LO SCINDO
  • LO MANDO IN CIRCOLO TRA IL RESTO
  • LO ASSORBO
  • È ROBA MIA
  • LO MARCHIO E LO DELIMITO
  • MI MOLTIPLICO
  • DEVO ANDARE PIÙ IN LÀ
  • RIPRENDO E RISCINDO TUTTO
  • RIPORTO TUTTO ALL’ORIGINE

Nel corpo umano quelle idee di stampo fisico biologico si evidenziano in meccanismi anche dopo la fuoriuscita dal canale del parto. Il bambino appena nato inizia quindi a ripercorrere le solite 12 tappe:

  • SONO SOLO.
  • DEVO TROVARE IL CIBO DATO CHE PRIMA MI ARRIVAVA IN AUTOMATICO E ADESSO DEVO CERCARLO.
  • PRENDO IL CIBO CON LA SUZIONE.
  • LO SCINDO.
  • LO FACCIO AVANZARE IN CIRCOLO.
  • LO ASSORBO.
  • LO RICOMPONGO SECONDO IL MODELLO DELLE MIE STESSE MOLECOLE ORGANICHE.
  • RIAGGREGO TUTTO IN MOLECOLE COMPLESSE PER CRESCERE E RINFORZARMI.
  • COMINCIO A REPLICARE ME STESSO.
  • SPERIMENTO CIÒ CHE È FUORI.
  • RECUPERO LE INFORMAZIONI ESPERIENZIALI CHE ARRIVANO COME MOLECOLE ORGANICHE (ORMONI).
  • RIPORTO LE INFORMAZIONI ALL’INTERNO DEL CIRCUITO INTERPRETATIVO.

Le funzioni fisiologiche specifiche che permettono il dispiegarsi di quelle necessità nel corpo umano sono ovviamente riconducibili a 12 meccanismi di base:

  • RICAPTAZIONE DEI LIQUIDI ATTRAVERSO I TUBOLI COLLETTORI RENALI.
  • CAPTAZIONE DELLA SEROTONINA PER REGOLARE L’ATTIVITÀ CIRCADIANA DIURNA, MOMENTO IN CUI DOVREMMO NUTRIRCI.
  • IMMAGAZZINAMENTO DEL CIBO ATTRAVERSO IL CANALE DIGESTIVO VERSO LO STOMACO.
  • REGOLAZIONE ENZIMATICA PER PERMETTERE LE OPERAZIONI DI SCISSIONE AD ENZIMATICA.
  • AUMENTO DELLA CIRCOLAZIONE PER PERMETTERE L’ATTIVITÀ COMPLESSA DELLA PERISTALSI E AUMENTO DELLA PRESENZA DELL’OSSIGENO PER LE OPERAZIONI DIGESTIVE.
  • ASSORBIMENTO DEI NUTRIENTI.
  • ESPULSIONE DEI CATABOLITI DELL’ATTIVITÀ SVOLTA.
  • FILTRAZIONE RENALE CHE IDENTIFICA COSA DEVE ESSERE RILASCIATO E COSA INVECE TRATTENUTO.
  • AZIONE DEGLI ORMONI SESSUALI CHE DANNO LO START ALLE NECESSITÀ REPLICATIVE PRO-SPECIE.
  • AUMENTO DEL METABOLISMO PER ACCELERARE LE ATTIVITÀ DEL CORPO VERSO L’ESTERNO.
  • CREAZIONE DELLA BIODISPONIBILITÀ DI ACIDI GRASSI PER LA FORMAZIONE DELLE STRUTTURE IMPLICATE NELLA NEUROTRASMISSIONE ESPERIENZIALE (ORMONI, GUAINE, GLIA …).
  • REGOLAZIONE DI VITAMINE E COENZIMI CHE COORDINANO LE FUNZIONI DI TIPO INFORMATIVO CHE CAPTIAMO PER L’ADATTAMENTO ALL’AMBIENTE. 

Gli organi che hanno avuto quindi la necessità di formarsi per permettere l’adempimento delle funzioni appena citate che erano al servizio della sperimentazione delle idee fisiche sono quindi stati:

  • POLMONI: SISTEMA ANGIOTENSINA.
  • INTESTINO CRASSO: CAPTAZIONE DI SEROTONINA E FORMAZIONE DI ENTERAMINA.
  • STOMACO: ASSUNZIONE DI CIBO.
  • MILZA/PANCREAS: RILASCIO DI ENZIMI E ORMONI REGOLATORI DELLA DIGESTIONE.
  • CUORE: POMPA CIRCOLATORIA.
  • INTESTINO TENUE: ASSORBIMENTO DI NUTRIENTI.
  • VESCICA: RILASCIO DI URINA.
  • RENI: FILTRAZIONE PLASMATICA.
  • GENITALI: FUNZIONI SESSUATE.
  • TIROIDE: AUMENTO DI ATTIVITÀ METABOLICA.
  • CISTIFELLEA: ENZIMI BILIARI PER SCISSIONE DEI GRASSI.
  • FEGATO: REGOLAZIONE COENZIMATICA E VITAMINA (A.D.E.K.).

Ricordate come qualche pagina fa vi ho accennato al susseguirsi dei meridiani nell’arco della giornata? 

Questa è l’espressione biologica degli schemi di generazione della materia a partire dal Big Bang. Il corpo umano ne è una delle tante derivazioni, forse la più complessa ed evoluta sul pianeta, ma pur sempre una derivazione di esso resta. Lo schema è lo stesso e si ripete su ricorsività frattale e di conseguenza ci si deve attenere.

Fonte: La terapia unificata di tutto di Maurizio Forza