Translate

sabato 3 ottobre 2015

Secret Talks with Mr. G., vol. 2, capitolo 6 – E.J. Gold

La Lotta dei Maghi

Il gruppo chiese se avremmo mai visto il balletto “La lotta dei Maghi”.
G. rise profondamente e disse che avremmo potuto coreografarlo e metterlo in scena noi stessi, e che di fatto eravamo gli unici a poterlo fare; lui poteva “mettere a punto il palcoscenico” e “sistemare le luci” ma in ultima analisi noi eravamo i registi del balletto, i direttori di scena ed i coreografi.
Un balletto di questo tipo può essere messo in scena solo se si conoscono i nome dei due antagonisti principali, i potenti maghi che rappresentano le forze della luce e del buio, uno che si chiama “Ayo Vertabed” (Dottor Sì) e l’altro che si chiama “Na Vertabed” (Dottor No).

Sebbene entrambi impieghino gli stessi metodi ed i loro eserciti siano composti esattamente dagli stessi soldati, quando l’uno o l’altro diviene attivo, i loro lacchè sono di due caratteri completamente opposti.
Ordinariamente il loro stato di guerra semplicemente accade; non è organizzato e perciò è inutile per il nostro lavoro. Dobbiamo trovare un modo di organizzare la loro guerra e di renderla profittevole per il nostro lavoro. Dobbiamo diventare industriali delle munizioni, fornire il materiale e continuare ad alzare l’uno contro l’altro. È nostro interesse mantenerli in guerra l’uno contro l’altro.
Nell’uomo ordinario troviamo, se ci prendiamo la pena di guardare, la presenza di condizioni reciprocamente inconciliabili di sensazioni, pensieri, ricordi, modi di dire e manifestazioni, che non rappresentano che una frazione di un qualche tutto sconosciuto.
Tutte queste condizioni si oppongono in modo alquanto potente l’una all’altra e non possono coesistere pacificamente nello stesso organismo. Come dice il cow boy americano, “Questa città non è abbastanza grande per tutti e due”.
Ogni singola cellula dell’organismo può essere un condensatore di accumulo per un umore, un’idea, una manifestazione o un ricordo. Essi si accumulano senza prendere in considerazione la logica o la ragione poiché non vi è presenza di un singolo “io” che sia in grado di dare una categoria precisa ad un’impressione quando questa entra nella macchina.
Tutte queste contraddizioni si collocano in parti differenti dei centri in cui “è semplicemente successo” si sia accumulato allo stesso modo “piove” o “splende il sole”; esse non sono in grado di fondersi e di costituire il modo interiore di un uomo completo.
Se l’uomo ordinario dovesse improvvisamente sentire tutte queste contraddizioni in se stesso allo stesso momento senza degli speciali ammortizzatori, egli sarebbe continuamente tormentato e confuso, sentendo di essere divenuto matto; per poter funzionare, però, egli si è creato da qualche parte degli ammortizzatori che fungono da dispositivi di isolamento fra queste contraddizioni interne.
È per via di questi ammortizzatori che egli è in grado di esistere molto tranquillamente malgrado un centro di gravità che si sposta continuamente e di una differente serie di opinioni, idee e umori ogni momento o due.
Senza questi ammortizzatori egli avvertirebbe inevitabilmente l’orrore del caos interiore, il suo vero stato organico. Un uomo senza unità non può vivere a lungo senza ammortizzatori; egli deve o schiacciare queste contraddizioni come fossero una pulce, schiacciare come una pulce la propria coscienza, oppure andare in manicomio.
Anche se non può esattamente distruggere la coscienza, egli riesce a dormire più o meno bene ponendo questi ammortizzatori fra tutti i dati del suo mondo interiore.
Questi piccoli “me”, se presi tutti insieme, formano il suo falso io, o ciò che chiamiamo “personalità”.
È alla presenza e dialogo continuo di questa macchina artificiale della personalità che l’uomo ordinario attribuisce il suo meraviglioso “essere cosciente”.
Tutto ciò non può fare a meno di danneggiare la macchina, renderla sporca ed arrugginita. In alcuni luoghi si sono posti questi meccanismi artificiali composti da ammortizzatori molto potenti al fine di evitare la distruzione completa. Se questi venissero manomessi da un dilettante, la macchina si ridurrebbe rapidamente in conduzioni irrimediabili.
È vitale comprendere che l’isolamento avviene solo perché ogni sfaccettatura della personalità è accumulata in una parte differente di un differente centro. Ciò avviene a caso ed una qualunque parte della personalità può accumularsi in una qualunque parte di qualunque centro.
Nello studio di queste contraddizioni ammortizzate possiamo considerare come una forma completa, anche se caotica, tutti quei piccoli “me” che compongono quella macchina complessa che chiamiamo “personalità” cui l’uomo attribuisce tutti i suoi atteggiamenti, potere, idee, iniziative e presenza.
In breve, la personalità attribuisce a se stessa degli attributi.
L’uomo ordinario ha in se stesso la presenza di questo “ego” piuttosto che la presenza del suo vero “io”, capace di sola e semplice presenza. Solo molto più tardi l’”io” sarà in grado di apprendere a dirigere la macchina, e solo una volta che tutti gli ammortizzatori siano stati eliminati.
In un uomo in cui ciascun ammortizzatore contiene un “piccolo me”, vi è un centro di gravità che si sposta continuamente e che sembra una gemma molto complicata con molte facce, che cambiano secondo modelli che possono apparire casuali, che però di fatto obbedisce a certe leggi che possiamo apprendere e capire.
Impiegando la forza della riconciliazione, possiamo apprendere a fondere queste contraddizioni, a “sollevare Atlantide”, e quindi a far crescere l’organo della “coscienza”.
Le nostre storie di vita reale sono rivelazioni di noi stessi alla luce di queste contraddizioni, e la oloro riconciliazione finale possiamo chiamarla “redenzione”. Riconoscendo questa storia di vita reale e fondendo queste contraddizioni possiamo riparare al passato e redimere noi stessi per il lavoro superiore.
Per fondere queste contraddizioni è necessario eliminare gli ammortizzatori che si sono posti fra loro. Lo scontro diretto di forze di contraddizione in opposizione fra loro possono fare questo per noi se solo sappiamo come impegnarle in combattimento. Gli ammortizzatori sono troppo piccoli e non sufficientemente solidi perché noi siamo in grado di afferrarli direttamente.
Ordinariamente conosciamo solo un terzo della storia della nostra vita in ogni momento, a seconda di quale “piccolo me” è presente in quel momento. In questo senso, quella parte di se stesso che l’uomo crede di conoscere meglio e che lui crede sia il suo alleato più stretto è il suo vero nemico, la fonte del suo amor proprio e della sua vanità.
L’unità e la coscienza interiore possono essere ottenute mediante la creazione intenzionale di condizioni interne per la battaglia fra le forze del “sì” e del “no”. Questa battaglia dovrebbe assumere una forza definita ed avere un obiettivo definito.
Per evocare una grande battaglia di “sì” e di “no” è necessario sacrificare qualcosa di grande, altrimenti la macchina rende tutto uguale a qualsiasi altra cosa e il mondo interiore diviene solo “rose”, “rose”.
Dobbiamo trovare uno scopo sufficientemente importante per il “Dottor Sì” contro il quale il “Dottor No” si senta costretto a inviare tutte le sue forze. Deve essere una minaccia molto grave altrimenti il Dottor No non emergerà dalla sua usuale compiacenza, qualcosa che lo faccia spaventare molto, contro la quale egli continuerà a combattere senza pietà.
Quale scopo possiamo dare al nostro “Dottor Sì” che conduca il “Dottor No” ad una disperazione tale da fargli dichiarare lo stato di guerra?

Fece una breve pausa, con un dito sulla bocca, e poi proseguì: Per generare necessità organiche al nostro “Dottor Sì” e gratificazione personale al nostro “Dottor No”, dobbiamo almeno provocare il nostro centro istintivo-motorio poiché combatta per se stesso. Ma come possiamo fare questo per l’insieme di noi stessi e non per un solo centro della macchina? Come possiamo fare di noi un centro psichico per la lotta?

Dobbiamo in primo luogo comprendere che “sì” e “no” sono la stessa cosa di “amore” e “odio”.
Per colui che “ama” il gelato, ma “odia” il cinema o la zuppa di piselli non è possibile comprendere “sì” e “no”.
Sì e no non sono atteggiamenti o sensazioni, ma forze che si oppongono.
Possiamo fare qualche piccolo esempio di obiettivi in conflitto fra loro che forse possono aiutarci a mettere in scena il balletto della “lotta dei maghi”.
Ad esempio quando siamo stanchi possiamo rifiutare di giacere e riposarci e magari fare un lavoro molto pesante quale scavare una fossa o erigere un muro. Possiamo, se siamo attratti dai dolci, mettere davanti a noi un bon-bon e negarci questa piccola indulgenza.
Possiamo forzare le nostre macchine a lavorare con un tempo differente da quello normale; possiamo rifiutare di esprimere piacere o fastidio nei modi usuali; possiamo intenzionalmente rimanere in compagnia di qualcuno che ordinariamente ci ripugna, soprattutto qualcuno la cui chimica ci ripugni. Per forzare idee in conflitto da riconciliare dobbiamo, se necessario, essere pronti a giacere e a convincere noi stesse che stiamo in piedi.
Questi piccoli conflitti sono facili da comporre. Successivamente, per mettere in scena un balletto reale, dobbiamo coinvolgere questi due potenti maghi in una vera lotta per sopravvivere. Il balletto deve avere un grande conflitto per mantenere la lotta fra queste grandi forze.
Ho un’idea. Trovate lo scopo di conflitto più grosso possibile, che metta a questi due maghi la voglia di combattere. Deve trattarsi di un conflitto così grande che entrambi si sentano costretti a combattere per sopravvivere, tuttavia non così grande che l’organismo si ammali per effetto della battaglia.
Dobbiamo avere un balletto di combattimento, non esattamente come la guerra ordinaria; vi è sia bellezza sia orrore, ma non è che semplicemente accadono: sono coreografe, messe in scena e controllate dal regista.
Se potete trovare lo scopo di conflitto finale per il quale entrambi i maghi si sentono obbligati a combattere per ottenere la loro stessa vita ed impedire quella del nemico, date prova di comprendere la vostra macchina; in quel caso può esservi d’aiuto. 
Non ha importanza quale parte vinca, il risultato è lo stesso perché il “Dottor Sì” ed il “Dottor No”, come i loro danzatori-combattenti, sono lo stesso individuo, entrambi i ruoli giocati dallo stesso attore, il vuoto che combatte contro il nulla.
Cercate di vedere come questo possa essere un esperimento reale per voi, e che potete fare adesso, non semplicemente un divertente filosofare.

Qualcuno nel gruppo chiede come si potesse fare “Non ci avete dato abbastanza per lavorarci su” disse J. “come possiamo incominciare questa battaglia a meno che non ci diciate più esattamente come procedere”?
“Basta” disse G. “ho addirittura dato troppo. Oggi non una parola di più”.


RE NUDO Numero 67 – gennaio/febbraio 2003 – Traduzione di Marco Maria Bonello (ibjbon@tin.it)  

Secret Talks with Mr. G. di E.J. Gold