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martedì 3 marzo 2015

L'energia sessuale - Robert. S. De Ropp

L’accoppiamento sessuale nelle sue molteplici forme
Graduatoria dell’energia sessuale
Il microsesso si conclude con gli sponsali delle cellule, l’unione tra l’agile, irrequieto spermatozoo e l’immobile, rigonfia cellula-uovo. Il codice genetico subisce un rimaneggiamento. Ne deriva un nuovo essere simile ma non identico ai due che lo hanno generato.

L’energia sessuale si può dunque a ragion veduta definire la forza che opera con l’intento di avvicinare e unire il corpo del maschio e il corpo della femmina. Un’energia che negli esseri viventi si manifesta in varie maniere e a vari livelli. Ora è necessario passare in rassegna le diverse forme in cui essa si estrinseca. Cominciamo con una graduatoria di questa energia.
Sul gradino più basso della scala troviamo le manifestazioni più deboli. Esaminando ostriche, stelle marine, meduse e anche altri organismi molto più complessi quali l’anfiosso e altro cefalocordati non si trova la minima traccia di una forza che operi per spingere all’unione il maschio e la femmina. Spermatozoi e uova vengono sparsi nelle acque degli oceani e si incontrano per caso, soltanto perché ne viene prodotto un quantitativo enorme. Non si può certo dire che le piante, impossibilitate a muoversi, manifestino anche un minimo di energia sessuale. Alcune, come il masi, poiché fanno assegnamento sul vento per ottenere che i soffici stigmi dei fiori femmina siano impollinati, per misura precauzionale sono costrette a fabbricare quantitativi iperbolici di polline. Né si può dire che le piante che si servono del curioso sistema di affidare agli insetti il trasporto del polline da un fiore all’altro rivelino di possedere energia sessuale. L’impollinazione entomofila è un’anomalia delle forma evolutiva della vita e non trova posto sulla scala dell’energia sessuale.
Un gradino più su delle ostriche e delle stelle marine possiamo collocare ad esempio il tritone. I tritoni non si congiungono nell’atto della copulazione, anzi non si abbracciano nemmeno. Ciononostante il maschio è attratto dalla femmina, le danza intorno, depone un involtino di sperma ai suoi piedi Leggermente superiore la forza che opera spingendo il maschio della sanguisuga a depositare il proprio seme nel corpo della femmina. I pesci si accoppiano spinti da forze che li inducono a un comportamento per noi mammiferi veramente stupefacente. Sebbene in alcuni di essi, come nel pescecane ad esempio, la fecondazione avvenga all’interno del corpo della femmina, la vera e propria copula non si verifica. Le rane si appiccicano e restano unite a lungo, ma la copulazione propriamente detta non può avvenire perché il maschio è sprovvisto di pene.
Di copulazione vera e propria possiamo invece parlare quando si tratta di insetti, rettili e mammiferi.

Per gli insetti sono certi composti chimici a fungere da esca. La maggior parte dei mammiferi è condizionata dal ciclo di produzione degli ormoni col risultato che il maschio è attirato dalla femmina soltanto in determinati periodi dell’anno.

L’uomo, guidato più dal cervello che dagli ormoni, costituisce una categoria a sé: maschio e femmina possono congiungersi in qualsiasi momento e sentono reciproca attrazione più o meno costantemente.

I suoi cugini, gli scimpanzé e le altre scimmie, hanno molto più ritegno, paragonati a lui.

Probabilmente è nell’uomo che l’energia sessuale si manifesta più spesso e forse con l’impulso più potente.
Per quanto riguarda la ricchezza in assoluto nel campo dell’esperienza sessuale il primo posto va aggiudicato alla chiocciola e agli altri ermafroditi che si accoppiano nello stesso modo. Perciò sono stati collocati in una categoria speciale. Tra le creature vivente sono quelle più doviziosamente dotate sessualmente e le loro orge di accoppiamenti ermafroditi con esasperate componenti sado-masochistiche fanno sembrare tediosa e scialba qualsiasi intemperanza umana.

Seme gettato al vento o sparso nell’acqua
Le ostriche non sono davvero amanti ardenti. Esse trascinano la loro monotona esistenza ancorate a una roccia, estraendo il loro cibo dall’acqua marina che filtrano coi movimenti ritmici ed incessanti delle cellule ciliate delle loro lamelle.
Tra maschio e femmina non è visibile la minima differenza; per meglio dire, come molti altri molluschi, esse possono essere l’una e l’altra cosa. Non allo stesso tempo però. L’ostrica europea, di forma piuttosto piatta, sfrutta al massimo i vantaggi di entrambi i sessi alternandoli: un anno è femmina, l’anno seguente è maschio. Nel campo della riproduzione questo tipo di ostrica è un po’ meno sciattona della sua parente americana. Quando è maschio sparge a casaccio il suo seme nella acque marine, ma quando è femmina trattiene le uova tra le lamelle. Lo sperma viene aspirato insieme alle altre particelle contenute nell’incessante flusso d’acqua che si insinua tra le valve. Non si sa bene per quale misteriosa ragione riesce a non farsi mangiare: feconda le uova. L’ostrica americana non si prende tanto disturbo, sparge le uova, così come lo sperma, nelle acque del mare. Per questo motivo, allo scopo di garantire la riproduzione, è costretta a fabbricare una miriade di uova. Per quanto sciattona questa ostrica americana ha per lo meno una buona abitudine: quella di buttare in mare uova e sperma nello stesso periodo di tempo. La sciagurata sarebbe estinta da un pezzo, se non fosse per questo suo tempismo. Molti altri animali marini e la maggior parte delle piante marine (le alghe) per riprodursi usano lo stesso sbadato sistema dell’ostrica. L’attinia, il riccio di mare, la stella marina, hanno tutti il vizio di spargere uova e sperma nel mare. Alcune stelle marine hanno sviluppato un sistema di riproduzione simile a quello dell’ostrica europea: producono una quantità ridotta di uova ricche di vitellino e le raccolgono in sacchettini, impedendo così la dispersione. Ma comunque la unione tra maschio e femmina non avviene. Lo sperma vaga negli oceani in quantità enorme e il suo incontro con le uova dipende dal movimento dell’acqua.

Insetti paraninfi
Le piante che producono fiori possono avere, distribuiti separatamente, alcune i fiori maschi ed altre i fiori femmina, oppure dare fiori forniti sia degli organi maschili sia di quelli femminili: gli stami che producono il polline e gli stigmi che il polline lo ricevono.
In entrambi i casi, per ottenere a mezzo della riproduzione sessuata una fusione di codici genetici è necessario che il polline, l’equivalente dello sperma degli animali, venga trasferito sugli stigmi del fiore di una altra pianta. L’impollinazione affidata al vento è incerta e richiede una smisurata produzione di polline; perciò alcune piante hanno escogitato un meccanismo biologico che è tra i più curiosi: l’impollinazione a mezzo degli insetti.

Amore vorace
La sanguisuga, per esempio, è una creatura a dir poco repellente le cui abitudini in campo sessuale non sono meno disgustose del suo metodo di alimentazione. Le sanguisughe sono ermafrodite, il che significa che lo stesso individuo produce sia le uova che lo sperma. Però non posseggono nessuno degli organi tradizionalmente considerati strumenti dell’atto sessuale, essendo prive sia del pene per introdurre il seme, sia della vagina per ricevere il seme stesso. Quando le sanguisughe si accoppiano, quella che assume il ruolo di maschio si avvinghia al corpo di quella che funge da femmina. La facente funzione di maschio deposita sul corpo della compagna una capsula a forma di sacchetto chiamata Spermathophora, che contiene sperma compresso. Nel punto in cui aderisce, questa capsula produce un enzima ad alto potere dissolvente che dove tocca scava addirittura un buco nelle carne. Attraverso questo buco lo sperma viene iniettato a forza nella cavità interna del corpo della “femmina”, dove a sua volta viene attaccato da cellule speciali che lo fagocitano. Gli spermatozoi sopravvissuti alla strage hanno la possibilità di essere trasportati verso le ovaie dal flusso degli umori corporali e può darsi che riescano a perforare le pareti delle ovaie e a fecondare le uova. La sanguisuga femmina ci guadagna una ferita profonda che ci mette tre giorni per rimarginare.

Un’altra tecnica degna di stuzzicare la fantasia del marchese de Sade è quella scelta da alcuni vermi di mare appartenenti al gruppo dei Platelminti. Quando giunge il periodo per la riproduzione, questi vermi sciamano a frotte, si riuniscono, e una volta messa insieme una bella folla di maschi e femmine si abbandonano a orge. Le femmine assalgono i maschi, staccano le loro code con un bel morso e le ingoiano: un festino d’amore nel senso letterale della parola! I maschi, come la maggior parte dei vermi, posseggono uno sviluppatissimo potere di rigenerazione perciò abbandonano il campo a nuoto e si fanno ricrescere i segmenti mancanti. Le femmine digeriscono quanto hanno ingerito durante il festino cannibalesco, il pezzetto di maschio che, guarda caso, contiene proprio i testicoli e tutta la riserva di sperma. Gli spermatozoi, liberati dall’involucro a causa dell’azione dei succhi gastrici della femmina, perforano la parete dell’intestino, si fanno strada nella cavità interna del corpo, localizzando e fecondando le uova. Il passaggio attraverso l’apparato digerente della femmina, per quanto rischioso possa apparire, è indispensabile per attivare lo sperma. Gli spermatozoi che non passano attraverso questa prova del fuoco non sono in grado di fecondare l’uovo.

In tutte queste forme la forza che spinge il maschio e la femmina ad unirsi è difficilmente valutabile. I frutti dell’amore appaiono strani e poco invitanti. La sanguisuga esce dall’amplesso con dei buchi nella carne. Al maschio Platynereis viene portata via la coda con un morso. La femmina Peripatus riceve una stilettata nei visceri.

La via sessuale dei ragni sembrerebbe ancor più deludente; per la verità è circondata da tanti pericoli che è un vero miracolo se queste creature sono riuscite a sopravvivere. Lungi dal sentirsi spinto ad abbracciare la sua compagna, il ragno maschio ha tutte le ragioni per starle il più lontano possibile, viste che la signora ha il brutto vizio, una volta sacrificato a Venere, di rifocillarsi sgranocchiando il marito. Perciò il maschio tiene la femmina a distanza, nel senso letterale della espressione e per espletare la funzione sessuale non usa quell’organo intimo che è il pene, ma il palpo, un’appendice situata in fondo a una delle sue quattro paia di zampe. Dato che il palpo non è collegato direttamente con le ghiandole produttrici di sperma, per trasferire il suo seme il ragno usa il sistema indiretto. Anzitutto tesse una ragnatela speciale, poi depone in questa ragnatela una goccia di seme, dopo di che immerge il palpo nello sperma per riempire un organo minuscolo, simile a una siringa ipodermica lillipuziana, chiamato receptaculum seminalis. Il ragno introduce una di queste siringhe nell’orifizio dell’apparato genitale della femmina, inietta il suo sperma e se la dà a gambe più in fretta che può per sfuggire all’abbraccio della compagna e al pericolo di venire trasformato in uno spuntino.

In certi insetti la tendenza al cannibalismo di cui dà mostra il ragno femmina arriva molto più in là. Jean Henri Fabre, l’acuto e sensibile studioso della vita degli insetti, rimase addirittura disgustato da tali deviazioni dell’impulso sessuale. “Che dire”, egli domanda, “della cavalletta, che prima di deporre le uova, squarta il corpo del compagno e ne mangia quanto più può? E del grazioso grillo, la cui femmina si trasforma in una iena, sfascia l’arpa dell’amato che le ha appena dedicato una splendida serenata strappandogli senza pietà le ali e, a prova della propria gratitudine, se lo divora parzialmente?”.

Il primo premio per questi festini di carattere amatorio-cannibalesco probabilmente spetterebbe alla mantide religiosa, le cui usanze sono state anch’esse descritte da Fabre.
“La mantide, in genere, non è mai sazia di estasi nuziali e di banchetti. Dopo un periodo di riposo che varia a seconda se le uova vengono deposte o no, un secondo maschio è accolto amorosamente e poi divorato come il primo. Gli succede un terzo: questi porta a termine la funzione per cui è nato, viene mangiato e scompare dalla scena. Un quarto subisce il medesimo destino. Ho visto la stessa mantide distruggere in questo modo, nel corso di due settimane, ben sette maschi. Essa se li stringe al seno e poi li costringe a pagare con la vita l’estasi nuziale. Vediamo una di queste orribili coppie impegnate come segue: il maschio, assorto nell'esercizio delle sue funzioni vitali è avvinghiato alla femmina in uno stretto abbraccio. Ma il disgraziato non ha più testa, non ha collo, a malapena si può dire che abbia ancora un corpo. L’altra, le mandibole rovesciate, continua placidamente a rosicchiare ciò che resta del cigno gentile. È nel frattempo, quel moncherino di maschio, abbarbicato fermamente alla femmina, continua la sua bisogna! Si dice che l’amore sia più forte della morte. Preso alla lettera, mai l’aforisma ha ricevuto più brillante conferma. Una creatura decapitata, un insetto amputato della parte superiore del corpo, un vero e proprio cadavere, persiste nello sforzo di trasmettere la vita. Desiste soltanto quando la femmina prende d’assalto l’addome, nel quale sono situati gli organi della riproduzione”.
Queste scoperte riempivano Fabre di tristezza. “Ho visto con i miei propri occhi e ancora non sono rinvenuto dallo stupore”.
Probabilmente avrebbero invece fatto la delizia di un latro francese, di colui che non si stancava mai di sottolineare le peculiarità criminali insite nella natura: “O, state tranquilli, nessun delitto al mondo potrà mai attirare su di noi la collera della natura; tutti i delitti servono ai suoi scopi, tutti le sono utili e quando essa ci spinge a commetterli state pur certi che è perché ne ha bisogno” (De Sade, Juliette).


L’amore in fabbrica
Cominciamo dalle api. Apis Mellifera, o ape mellifica. Abbiamo di fronte una situazione in cui l’attività sessuale è stata eliminata dall'esistenza di quasi tutti i membri della colonia. Nell’arnia la copulazione è un fatto sconosciuto. Le migliaia di lavoratori che vanno e vengono incessantemente, trasportando il polline o il nettare proveniente dai fiori che hanno visitati, sono tutte femmine. Femmine esclusivamente in rapporto alla genetica, però, perché i loro organi sessuali sono atrofizzati ed esse non possono accoppiarsi.
Nell'alveare, l’energia sessuale si manifesta soltanto una volta in tutta la vita della regina. E questo avviene in maniera talmente drammatica da risvegliare lo stupore degli scienziati e l’ammirazione dei poeti.

Maeterlinck, scrivendo prima che la “Grande Illusione” rendesse gli scrittori piuttosto cauti in fatto di entusiasmi, dedicò parecchie pagine di prosa fiorita alla descrizione dell’avvenimento. “Essa sfreccia verso l’alto, verso una zona luminosa che le altre api non raggiungono in nessun momento della loro vita. Da lontano i maschi, che cullano la loro pigrizia tra i fiori, hanno scorto l’apparizione, hanno respirato l’affascinante profumo che dilaga all’intorno finché ogni alveare dell’apiario ne è impregnato. Immediatamente si raccoglie una folla di pretendenti che insegue la regina nel mare della beatitudine, la cui trasparente frontiera è sempre più evanescente. Essa, ebbra del gioco delle sue ali, obbedendo alla splendida legge selettiva della sua specie che le impone di eleggere ad amante il più forte, l’unico che saprà raggiungerla nella solitudine degli spazi eterei, sale, sale sempre più. Per la prima volta nel corso della sua vita, l’aria azzurrina del mattino penetra negli stigmi della sua trachea simile a un nettare divino, cantando la sua canzone nella miriade di tuboli delle sacche tracheali colme di vento al centro del suo corpo. Ancora più in alto. Deve trovare una zona non disturbata dal volo degli uccelli che potrebbero profanare il mistero. Sale ancora; e già la frotta eterogenea che la insegue sta diradandosi, sfoltendosi. I deboli, i malati, i vecchi, i derelitti, i denutriti provenienti da cittadelle in letargo o impoverite rinunciano all'inseguimento e scompaiono nel vuoto. Resta soltanto un piccolo grappolo di infaticabili, sospeso nell'infinita distesa opalina. La regina costringe le proprie ali a uno sforzo supremo, ed ecco che il prescelto da forze misteriose la raggiunge, l’afferra e con essa si libra verso l’alto in un impeto congiunto. La spirale ascendente del loro volo intrecciato turbina per un istante nella ostile follia dell’amore”.
La “ostile follia”, in questo caso, è un riferimento al fatto che la femmina uccide il compagno; non divorandolo come fa una mantide religiosa, ma strappandogli dall’addome l’apparato genitale al completo. Il Romeo sbudellato precipita al suolo. La regina “scende dalle alture celesti e torna all’alveare, trascinando, come un orifiamma spiegato al vento, i visceri dell’amante”.
La morte del fuco non ha nessun importanza. La regina gli ha portato via la sola cosa che conti e ha immagazzinato nella propria spermateca una riserva di spermatozoi sufficiente a metterla in grado di deporre uova fecondate al ritmo di duemila al giorno, durante i seguenti cinque anni.

Da certe ghiandole speciali, le operaie secernono un cibo che gli apicoltori chiamano gelatina reale; durante i primi tre giorni di vita tutte le api vengono nutrie con questa sostanza, ma in seguito con la gelatina reale sono alimentate unicamente quelle destinate a diventare regine, e che nasceranno da uova collocate in celle particolari, molto più grandi delle altre. Dopo sedici giorni, dalle larve emergono le giovani regine. La prima che spunta, immediatamente, d’istinto, assassina tutte le consorelle regine, trafiggendole prima ancora che escano dalle loro celle. Dopo di che intraprende il volo nuziale già descritto.

L’assassinio delle regine rivali è soltanto uno dei massacri che sistematicamente si verificano nell'alveare. Ancor più drammatico è il genocidio dei fuchi, dei maschi in soprannumero che vengono periodicamente assaliti dalle operaie e sterminati senza pietà.



L'energia sessuale - Robert. S. De Ropp - Longanesi & C.