… non c’è verità o pratica
rigorosamente formulata che non invecchi e perda gran parte delle sue virtù se
non la si rinnova costantemente nelle fresche acque dello Spirito, che ravviva
la morte e moribonde forme e conferisce loro nuova vita. Rinascere
ripetutamente è la condizione dell’immortalità materiale.
Il mondo di oggi è come un enorme vaso di Medèa ove tutto viene rifuso, smembrato, sperimentato, combinato e ricombinato, per servire di materia a nuove forme, risorgere in nuova giovinezza e nuovi modi d’esistenza.
Il mondo di oggi è come un enorme vaso di Medèa ove tutto viene rifuso, smembrato, sperimentato, combinato e ricombinato, per servire di materia a nuove forme, risorgere in nuova giovinezza e nuovi modi d’esistenza.
Lo yogi tende a ritirarsi
dall’esistenza comune e a perde presa sulla vita, a pagare le ricchezze dello
spirito con l’impoverimento delle normali attività umane, la libertà interiore
con una morte esteriore. Se conquista Dio, sembra perdere la vita, mentre se
dirige i suoi sforzi verso l’esterno per conquistare la vita corre il pericolo
di perdere Dio. Così è venuta formandosi in India un’acuta incompatibilità fra
la vita del mondo e la perfezione spirituale; quantunque esista una tradizione
e un ideale d’armonia che tenta di accordare l’attenzione interiore con le
esigenze esteriori, gli esempi di ciò sono rari.
Tuttavia nessuna sintesi
dello yoga può riuscire soddisfacente se, per raggiungere il suo intento, non
fonde Dio e la Natura in una vita umana liberata e perfetta, o se, attraverso i
suoi metodi, non permette o, anzi, non favorisce l’armonia delle nostre
attività e delle nostre esperienze interiori ed esteriori in una divina e
totale pienezza. Perché l’uomo è precisamente la sede e il simbolo di
un’Esistenza superiore discesa nel mondo materiale, ed è proprio in questa
Materia che l’inferiore può trasfigurarsi e assumere la natura superiore, e il
superiore rivelarsi nelle forme inferiori.
Il corpo grossolano è
composto dall’involucro di nutrimento, o involucro materiale, e sistema nervoso
o veicolo vitale.
Se la vita del corpo (corpo grossolano) è la base ed il primo
strumento che la Natura ha saldamente prodotto in noi nella sua evoluzione, la
vita mentale (corpo sottile) è lo
scopo successivo e lo strumento immediatamente seguente. È la sua più alta ed
entusiasmante tendenza, e, salvo nei momenti di esaurimento e di ripiego
nell’oscurità riparatrice, è la sua costante ricerca ogni volta che riesce a
liberarsi dal travaglio delle realizzazioni vitali e fisiche. Una distinzione è
di massima importanza per l’uomo. La vita mentale non è una, ma doppia, anzi
tripla: c’è una mente materiale e nervosa, una mente puramente intellettuale
che si libera dalle illusioni del corpo e dei sensi, ed una mente divina che
vola al di sopra dell’intelletto e si libera a sua volta dalle imperfezioni
della ragione, del discernimento e dell’immaginazione logica.
Gli antichi dicevano
giustamente che l’uomo è essenzialmente pensatore, Manu, un essere mentale che dirige la vita e il corpo, non un
animale che da loro è diretto. Accettare liberamente le condizioni del nostro
essere fisico, non perché vi siamo costretti, ma per fini di superamento e
sublimazione; questo è l’alto ideale umano.
Non v’è dubbio che la vita
mentale non ha ancora terminato la sua evoluzione nella natura e non è ancora
solidamente fondata neanche nell’animale umano. Ne è segno evidente il fatto
che l’equilibrio bello e completo della vitalità, il corpo sano e robusto
dotato di lunga vita, si trova comunemente solo nelle razze o nelle classi che
rifiutano lo sforzo del pensiero, le sue perturbazioni, le sue tensioni o che
pensano solamente con la mente materiale. L’uomo civilizzato non ha ancora
stabilito né possiede un vero equilibrio fra la mente pienamente attiva ed il
corpo.
La Mente non è il fine
ultimo dell’evoluzione, né il suo ultimo scopo, ma uno strumento, come lo è il
corpo.
L’essere supermentale (corpo causale) è composto da conoscenza
e beatitudine. Questa beatitudine non è un piacere supremo del cuore e delle
sensazioni, al cui fondo sta un’esperienza di dolore e di sofferenza, ma una felicità che esiste in sé,
indipendente dagli oggetti e dalle esperienze particolari, una gioia spontanea
che è la natura stessa e la sostanza, per così dire, d’una esistenza
trascendente e infinita.
Questo corpo causale in
opposizione agli altri due che sono degli strumenti è anche la sorgente e il
potere realizzatore di tutto ciò che la precede nell’evoluzione attuale. Le
nostre attività mentali sono infatti un derivato, una selezione della
conoscenza divina, una deformazione di essa finché restano separate dalla
verità da cui segretamente discendono. Ciò vale anche per le nostre sensazioni
ed emozioni rispetto alla Beatitudine, per le nostre energie nervose, e le
nostre azioni rispetto alla Volontà e alla Energia della Coscienza divina, e
infine per il nostro essere fisico rispetto alla pura essenza della Beatitudine
e della coscienza.
È così abbagliante la
visione di questa esistenza suprema, anche se appena intravista, così potente
la sua attrazione, che avendola scorta anche una sola volta, possiamo sentirci
pronti ad abbandonare ogni cosa per seguirla. Ma se per una esagerazione
inversa a quella che crede di vedere tutto nella Mente, e la vita mentale come
l’ideale definitivo, si finisse per considerare la Mente come una deformazione
senza valore ed un supremo ostacolo o l’origine di un universo illusorio, una
negazione della verità, qualcosa che bisogni respingere e le cui operazioni e i
cui risultati debbano essere annullati se si voglia arrivare alla liberazione
finale, non otterremmo che la deviazione di una mezza verità, incapace di
vedere oltre le limitazioni attuali della mente la sua destinazione divina.
La conoscenza ultima è
quella che percepisce ed accetta Dio nell’universo e la di là dell’universo, e
lo yogi integrale che abbia trovato il Trascendente, può ritornare all’universo
e possederlo, conservando a volontà il potere di scendere o di risalire la
grande scala dell’esistenza. Poiché se l’eterna Saggezza esiste veramente la
facoltà mentale deve pure avere un qualche impiego ed un destino eminente.
Quest’impiego dipenderà necessariamente dal posto che occuperà nell’ascesa e
nel ritorno, e questo destino dovrà necessariamente essere una pienezza ed una
trasfigurazione, non un’amputazione né un annullamento.
Ci si accorge allora che
tre sono le grandi tappe della natura:
una vita corporea che è la base della nostra esistenza in questo mondo
materiale
una vita mentale alla quale emergiamo ed attraverso la quale eleviamo
la vita del corpo verso un fine superiore, ampliandola e completandola
un’esistenza divina, traguardo ultimo della vita corporea e mentale,
che ritorna ad esse per liberarle e condurle verso più alte possibilità.
Tutte le nostre attività
verranno condizionate da queste tre possibilità mutualmente interdipendenti: la
vita del corpo, l’esistenza mentale e l’essere spirituale velato che,
nell’involuzione, è la causa delle altre due, e, nell’evoluzione, il loro
risultato. Perseverando e perfezionando la vita fisica, colmando la vita
mentale, lo scopo della natura (che dovrebbe essere anche il nostro) è di
svelare, in un corpo fisico e mentale perfetti, le attività trascendenti dello
Spirito. Come la vita mentale non sopprime la vita corporea, ma opera per la
sua elevazione ed il suo miglior impiego, altrettanto la vita spirituale non
dovrebbe annullare, ma trasfigurare le nostre attività intellettuali, emotive,
estetiche e vitali.
Perché l’uomo, culmine
della natura terrestre e solo organismo sulla terra nel quale può compiersi
pienamente l’evoluzione della natura, è la sede di una triplice nascita. Ha
ricevuto una forma vivente con un corpo che è ricettacolo di una
manifestazione. La sua attività è centrata in una mente evolutiva che tende a
perfezionarsi, come la cosa ove dimore e gli strumenti di vita dei quali si
serve, e che è capace, con una realizzazione progressiva di sé, di svegliarsi
alla sua vera natura in quanto forma dello Spirito. Raggiunge il suo punto
culminante quando diviene quello che veramente è sempre stato: lo spirito
illuminato e beatifico destinato a irradiare la vita e la mente con i suoi
splendori celati. Giacché questi sono i piani dell’Energia divina nell’umanità,
il metodo e lo scopo della nostra esistenza dipenderanno interamente
dall’interazione di questi tre elementi nel nostro essere. E giacché tali
elementi si sono espressi separatamente nella natura, l’uomo ha davanti a sé la
scelta fra generi di vita: l’esistenza materiale ordinaria, una vita d’attività
mentale e di progresso, e la serena e immutabile beatitudine spirituale. Man
mano che va progredendo, può combinare queste tre forme, risolvere le loro
disarmonie in ritmi d’armonia e creare così, in sé stesso, la divinità
integrale, l’Uomo perfetto.
Nella Natura ordinaria,
ognuna di queste tre forme possiede un impulso caratteristico che la governa.
L’energia caratteristica
della vita corporea non è tanto il progresso quanto la persistenza, non tanto
l’allargamento dell’individuo quanto la sua ripetizione.
Certamente esiste un
progresso fra l’uno e l’altro tipo della Natura fisica, dal vegetale
all’animale, dall’animale all’uomo; perché anche nella materia inanimata la
Mente è all’opera.
L’energia caratteristica
della Mente nella sua purezza è il cambiamento, e più la mente si eleva e
s’organizza, più questa legge prende l’apparenza di un allargamento e di un
perfezionamento costanti, di una sempre migliore sistemazione di quanto ho
conquistato e perciò di un passaggio continuo da una perfezione semplice e
piccola ad una perfezione più grande e più complessa. Poiché la Mente, a
differenza della vita del corpo, possiede un campo infinito; la sua espansione
è elastica e le sue formazioni facilmente variabili. Cambiamento, ampliamento,
perfezionamento sono dunque gli istinti propri della mente.
La legge caratteristica
dello Spirito è la perfezione in sé e l’infinità immutabile. Esso possiede
sempre per sua natura l’immortalità, oggetto della Vita, e la perfezione, scopo
del piano mentale.
In ciascuna di queste
forme, la Natura agisce individualmente e collettivamente nello stesso tempo;
l’Eterno s’afferma egualmente nelle forme isolate e nell’esistenza del gruppo,
sia questo la famiglia, la stirpe, la nazione, o addirittura il gruppo supremo:
la nostra umanità collettiva.
La vera relazione dell’anima
singola col Supremo, mentre questa si trova nell’universo, non è afferrare
egoisticamente la propria esistenza né annullarsi nell’Indefinito, ma
realizzare la propria unità col Divino e il mondo e riunirli nella sua
individualità; la vera relazione dell’individuo e della collettività non
consiste nel ricreare egoisticamente il proprio progresso materiale o mentale o
la propria salvezza spirituale senza preoccuparsi dei propri simili, e nemmeno
nel sacrificare o mutilare il proprio sviluppo sull’altare della comunità, ma
nell’assommare in se stesso le migliori e più complete possibilità della
comunità e prodigarle attorno a sé a mezzo del pensiero, dell’azione o di
qualsiasi altro strumento affinché la specie intera possa avvicinarsi alle
realizzazioni raggiunte dai suoi rappresentanti più elevati.
Lo Spirito è la vetta
dell’esistenza universale; la Materia la sua base; la Mente il legame che li
unisce. Lo Spirito è tutto ciò che è celato e che deve essere rivelato, la
mente ed il corpo sono i mezzi con i quali tenta di rivelarsi.
Tre elementi sono necessari
affinché lo yoga possa esistere; ci vogliono tre parti consenzienti allo
sforzo: Dio, la Natura e l’anima umana, o il Trascendente, l’Universale e
L’individuale.
Se l’individuo e la Natura
sono abbandonati a se stessi, l’uno resta incatenato all’altra e rimane
incapace di superare in misura apprezzabile il flusso trascinante della natura.
È necessario qualcosa di Trascendente, libero dalla natura e più grande di
essa, che abbia il potere di agire su di noi e su di essa, traendoci verso
l’alto, e inducendo spontaneamente o meno l’individuo all’ascesa.
I
quattro ausiliari
La perfezione che si
ottiene con la pratica dello yoga può essere facilmente raggiunta con l’azione
combinata di quattro grandi ausiliari.
- Primo = shâstra, è la conoscenza della verità, dei principi, dei poteri e dei procedimenti che governano la realizzazione.
- Secondo = utsâha, un lavoro paziente e perseverante rappresentato dall’intensità dello sforzo personale.
- Terzo = guro, la suggestione diretta, l’esempio e l’influsso del maestro.
- Quarto = kâla, l’opera del tempo, perché tutte le cose hanno il loro ciclo d’azione e divino periodo.
Lo shâstra supremo dello yoga integrale è l’eterno Veda segretamente custodito nel
cuore di ogni essere vivente e pensante. Il loto della conoscenza e dell’eterna
perfezione è una gemma chiusa e ravvolta in noi, si apre in modo rapido o
gradatamente, un petalo dopo l’altro, mediante realizzazioni successive, appena
l’intelligenza dell’uomo incomincia a volgersi verso l’Eterno, e il suo cuore,
non più oppresso dall’attaccamento o confinato alle apparenze finite, s’accende
d’amore per l’Infinito.
Conosciamo il
Divino e diveniamo il Divino perché già lo siamo nella nostra più intima
natura. Ogni insegnamento è una rivelazione, ogni divenire uno sbocciare. La
scoperta di se stessi è il segreto, la conoscenza sempre più ampia di se stessi
ne costituisce il metodo.
Il
dono di sé nelle opere. La via della Gîtâ
L’uomo, essere
mentale, si è rivestito di un corpo materiale al fine di sviluppare in modo
notevole la coscienza e l’esperienza, che lo condurranno alla suprema e divina
scoperta del Sé.
Tutto il resto è
secondario e subordinato, o accidentale e superfluo; importa solamente ciò che
sostiene e aiuta l’evoluzione della sua natura e la crescenza, o piuttosto lo
sviluppo progressivo del sé e del suo spirito.
Fonte: La sintesi dello Yoga
http://www.macrolibrarsi.it/libri/__la-sintesi-dello-yoga-vol-1.php?pn=2028
Fonte: La sintesi dello Yoga
http://www.macrolibrarsi.it/libri/__la-sintesi-dello-yoga-vol-1.php?pn=2028